Le cronache recenti mostrano come il mondo giovanile stia vivendo una fase delicata, segnata da episodi di violenza, bullismo e crescente disagio psicologico. I dati rilevano un aumento dei reati commessi da minorenni e un progressivo abbassamento dell’età delle prime condotte devianti. A questo si aggiunge l’impatto dei social e dell’uso precoce degli smartphone, che amplifica rischi e vulnerabilità. Un quadro complesso che chiama famiglie, scuola e istituzioni a un’azione educativa condivisa e più consapevole. Interris.it, in merito a questi temi, ha intervistato il dottor Claudio Marcassoli, psichiatra e psicoterapeuta.

L’intervista
Dottor Marcassoli, i recenti fatti di cronaca parlano sempre più spesso di violenza giovanile. Cosa ci dicono realmente i dati?
“I recenti episodi registrati a Milano e in altre città mostrano chiaramente un incremento della criminalità minorile e dei comportamenti aggressivi tra i giovani. Il numero dei procedimenti giudiziari che coinvolgono adolescenti continua a crescere, e ciò che preoccupa maggiormente è l’aumento della componente violenta dei reati. Inoltre, l’età del primo comportamento deviante si sta abbassando: più della metà dei ragazzi compie il primo reato prima dei 15 anni. Parallelamente, osserviamo un aumento significativo del disagio psicologico, delle difficoltà relazionali, degli agiti impulsivi e degli episodi di autolesionismo. È importante sottolineare che molti dei ragazzi seguiti recentemente non provengono da contesti di particolare fragilità socioeconomica. Tra i giovani stranieri nati all’estero si registra ancora una percentuale elevata di Neet, anche se negli ultimi anni è in lieve calo. Al contrario, aumentano sensibilmente i Neet tra gli adolescenti italiani e tra quelli delle seconde generazioni”.
Come cambia il rapporto con le regole durante l’adolescenza? E quando si può parlare davvero di devianza?
“L’adolescenza segna una trasformazione profonda nel modo di rapportarsi alle norme. Se durante l’infanzia la disciplina si basa soprattutto sull’autorità degli adulti, nella fase giovanile emerge il bisogno di mettere alla prova i limiti, di sperimentare e di testare la propria autonomia. La trasgressione può diventare uno strumento per affermare la propria identità, percepire un senso di controllo o prendere le distanze dal mondo adulto. Questa spinta non è necessariamente patologica: può rappresentare una normale tappa di esplorazione. Tuttavia, quando i comportamenti problematici diventano ripetuti, invasivi e distruttivi, si entra in un territorio di rischio. La devianza giovanile comprende una gamma ampia di fenomeni: dalla microcriminalità, dal bullismo al vandalismo, dal consumo di sostanze al ritiro sociale, fino alla costruzione di identità alternative che possono diventare rigide o disfunzionali. Il tratto comune è la fatica a coniugare le regole esterne con il proprio vissuto interno, generando un conflitto costante tra bisogno di libertà e necessità di appartenere”.

Che ruolo hanno smartphone e social nell’alimentare questi comportamenti?
“Un uso precoce, scorretto e non supervisionato delle tecnologie digitali può incidere profondamente sul comportamento degli adolescenti. Gli ultimi dati parlano chiaro: il cyberbullismo è aumentato del 26% tra i 10 e i 13 anni. Le vittime, inoltre, presentano un rischio triplicato di sviluppare condotte antisociali o devianti. Proprio alla luce di queste evidenze, la Società Italiana di Pediatria ha indicato per la prima volta un limite d’età preciso: niente smartphone personale e nessun accesso autonomo a Internet prima dei 13 anni. Si tratta di una revisione importante delle precedenti linee guida del 2018 e del 2019, rese necessarie dall’impennata dell’esposizione agli schermi durante la pandemia. Per prevenire gli eccessi e contrastare l’insorgenza di comportamenti devianti serve una vera alleanza educativa tra famiglie e scuola. Solo un’azione condivisa può aiutare i ragazzi a sviluppare un rapporto equilibrato e responsabile con la tecnologia”.