SANI, MATTI O DELINQUENTI?

24.06.2013 17:54

Alcune riflessioni sul tema della capacità di intendere e di volere degli autori di reato.

Il problema della responsabilità degli autori di reato, quando vengano ritenuti infermi di mente ed incapaci di intendere e di volere, si  ripropone periodicamente all’attenzione dell’opinione pubblica in occasione di efferati ed incomprensibili delitti: anche nella nostra provincia negli ultimi anni gravissimi reati, compiuti da soggetti con problemi attinenti a patologie mentali, come un uxoricidio, un omicidio “di gruppo” ed un infanticidio, hanno sconvolto la popolazione scatenando una reazione a catena di dubbi e di  perplessità.

Nella storia già il diritto romano prevedeva un trattamento particolare per gli autori di reato che fossero considerati malati di mente: il “furiosus”, l’ “insanus”, il “mentecaptus”, ritenuti non punibili, erano comunque passibili di custodia “in vinculis ad securitatem proximorum”. Già allora era quindi evidente la distinzione tra pena e misura di sicurezza, quest’ultima riservata ai  rei infermi.

E al giorno d’oggi?

Il nostro codice penale, così come avviene nella maggior parte degli altri paesi, prevede che possa essere punito solo chi, al momento della commissione del fatto-reato, fosse capace di intendere e di volere e che invece non sia imputabile e punibile chi per infermità di mente non lo era.

Dobbiamo subito  capire una cosa fondamentale:

LA CAPACITA’ DI INTENDERE E DI VOLERE è da considerarsi LA  NORMA,  L’INCAPACITA’ E’ UN’ ECCEZIONE.

Questa va sottolineato perché le cronache giornalistiche dei vari fatti e relativi processi, spesso approssimative od inesatte, ingenerano nella gente dubbi e false convinzioni: “è troppo comodo farsi passare per matto, così uno se ne torna a casa”, oppure all’opposto, “un delitto così terribile non può che essere stato commesso da un pazzo”.

Dubbi che meritano almeno un primo chiarimento: da un lato non è affatto facile “farsi passare per matto” davanti ad un perito o ad un collegio di periti, (tralasciamo ovviamente i casi di corruzione o di falsità ideologica che si sono verificati in ambienti legati alla criminalità organizzata ).  Dall’altro  deve essere ricordato, ad esempio, che i “serial killers”, personaggi tristemente famosi, sono generalmente non infermi di mente e quindi devono essere ritenuti capaci di intendere e di volere, (sanno ciò che fanno e potrebbero non farlo): non infermi di mente anche se spesso, ma non sempre, malati di mente.

Questo introduce un altro punto fondamentale: LE MALATTIE DI MENTE E  L’INFERMITA’ DI MENTE PREVISTA DAL CODICE PENALE come motivo di non punibilità, NON SONO LA STESSA COSA.

Spesso le cronache confondono malattia di mente e infermità di mente, come se tutti i malati di mente fossero da considerarsi infermi, quindi incapaci, quindi non punibili: niente di più inesatto.

Solo poche e gravissime malattie di mente, e a volte neanche quelle, o casi assolutamente sporadici di “discontrollo degli impulsi” danno infermità di mente.  Non è raro il caso, ad esempio, in cui un soggetto affetto da schizofrenia, malattia che viene considerata “vulgo” la più grave, sia da considerarsi imputabile per un reato commesso,  abbia quindi il “diritto” di essere punito come tutti gli altri…

 

Per cui il giudizio di infermità di mente va visto in modo attento, severo e perlomeno restrittivo. L’infermità di mente va “dimostrata” con sufficiente convincimento in ogni singolo caso, anche se questo pone spesso allo psichiatra forense  enormi difficoltà.

Altro punto caldo, LA PERICOLOSITA’ SOCIALE: la legge prevede infatti che per l’imputato prosciolto per infermità totale di mente si aprano due strade: se ritenuto socialmente pericoloso egli verrà inviato in ospedale psichiatrico giudiziario (OPG) per un periodo di tempo da stabilirsi e comunque non inferiore ad un minimo o comunque, in seguito ad una recente sentenza della Corte Costituzionale del 2003, verrà sotto posto a misure di sicurezza, tipo libertà vigilita; se invece ritenuto non socialmente pericoloso verrà lasciato libero.

E questo colpisce l’opinione pubblica: l’autore di un reato a volte gravissimo, commesso in stato di totale infermità di mente, viene   prosciolto e rimesso in libertà dal Giudice, cui ovviamente spetta la decisione finale, se la perizia psichiatrica conclude che non è un soggetto socialmente pericoloso, che  non vi sia quindi “probabilità”  che lo stesso commetta a causa della sua  infermità  nuovi fatti previsti dalla legge come reati. (questo è il concetto di pericolosità sociale pre infermità).

Il riconoscimento della pericolosità sociale, che si basa sulle conclusioni dello psichiatra forense, sembrerebbe richiedere a quest’ultimo capacità quasi divinatorie, vista l’imprevedibilità del comportamento umano (perfino quello dei cosiddetti sani), anche se esistono criteri  e parametri clinici e criminologici su cui basarsi.

La legge distingue tra punizione e necessità di cura, lasciando però una serie di gravi dubbi: il manicomio giudiziario è terapeutico e riabilitativo, oltre che punitivo? (Infatti si parla di misure di riforma di questo istituto); le misure di sicurezza alternative al manicomio giudiziario  previste dalla recente sentenza della Corte costituzionale sono applicabili ed utili? Chi garantisce le cure necessarie ad soggetto infermo di mente prosciolto e non sottoposto a misure di sicurezza?  E chi  garantisce in questo caso la sicurezza e la difesa sociale?

Il dibattito è tuttora aperto sia a livello scientifico che a livello politico.

 

Da “LA GAZZETTA DI SONDRIO” 30.4.2005