MATERNITA' E DEPRESSIONE

24.06.2013 17:55

INTRODUZIONE

La cultura popolare e i media hanno  sempre descritto la gravidanza e la maternità come periodi di massima realizzazione e di felicità nella vita di una donna.

Se leggiamo gli antichi testi di psichiatria troviamo che la gravidanza viene addirittura considerata un fattore protettivo dalla depressione. (8)

Accanto agli aspetti e ai valori positivi, dobbiamo però considerare come essa rappresenti un momento di grande vulnerabilità  psicologica, (con multifattorialità biologica ed ormonale), caratterizzato da cambiamenti legati al ruolo e all'assunzione di responsabilità ed alla riattualizzazione  dell’antico legame madre figlia con tutte le sue naturali ambivalenze, (identificazione colla propria madre). (2,4,6,11)

Ciò può modificare l’umore nelle donne che non hanno mai avuto problemi di ansia e di depressione, o risvegliare antichi fantasmi depressivi in chi ne ha già sofferto.

Accanto alla gioia di diventare madri e di avere un figlio,     possono coesistere, in modo inizialmente fisiologico, emozioni, aspettative, stati d’animo contrastanti; in alcuni casi questi aspetti però possono destabilizzare l’equilibrio psichico della gestante. (3)

Esiste un’icona culturale che alcuni autori hanno definito “ la gestante mediatica”: essa è rappresentata come “un concentrato di dinamicità, felicità e onnipotenza, che sembra non soffrire di alcun tipo di turbamento: porta avanti tutte le sue attività col sorriso sulle labbra, non è mai stanca, lavora fino alla 38° settimana, segue una dieta per restare in forma, riduce al minimo il naturale e fisiologico aumento di peso, organizza perfettamente tutto il suo tempo, ed è sempre felice”.   (6)

Questi messaggi ambigui e superficiali amplificano il disagio nelle donne che non si sentono così euforiche (o che sono stanche, o che aumentano di peso), e promuovono l'instaurarsi di sentimenti di diversità e di vergogna,  aumentando il disagio e rendendone difficile la condivisione all’interno della coppia o della famiglia d'origine e con le persone che più dovrebbero essere competenti in materia (ostetriche, psicologi, personale medico).

Molte donne durante la gravidanza sperimentano un senso di inadeguatezza rispetto al ruolo e al modello proposti, e pensano che questo significhi non essere buone madri; percepirsi inadeguate è un importante fattore di rischio per lo sviluppo di ansia o depressione, e primariamente provoca un senso di vergogna che spinge queste mamme al silenzio, impedisce loro di condividere quello che pensano con le altre persone e instaura una classico meccanismo di “pensiero a circolo vizioso”: (più penso di essere inadeguata più mi vergogno, più sto chiusa in me stessa, più aumenta l'angoscia e aumentano i pensieri negativi, più mi sento inadeguata…. (5,9)

 

CASO CLINICO

A. è una donna di 30 anni valtellinese, sposata da alcuni anni;  in anamnesi ha un episodio adolescenziale, probabilmente un “episodio depressivo maggiore con manifestazioni psicotiche congrue dell’umore” per cui è stata ricoverata in una clinica fuori provincia e di cui non si sa molto altro; nel 2005 ha poi presentato un “disturbo depressivo maggiore moderato senza manifestazioni psicotiche” (2), per il quale è stata messa in terapia con antidepressivi e stabilizzanti dell’umore.

Si rivolge a me nel 2006 in discrete condizioni psichiche per una rivalutazione clinica e per un parere riguardo al fatto che le è stata vivamente sconsigliata, addirittura “proibita”, una gravidanza.

Dopo un’osservazione clinica di circa 6 mesi le comunico che può sospendere la terapia farmacologia e che non esistono a mio parere importanti controindicazioni ad una futura gravidanza, ovviamente dopo una congruo periodo di sospensione del farmaci, tra cui i sali di litio.

Continueremo nel frattempo il rapporto psicoterapeutico.

Alcuni mesi dopo mi comunica di essere incinta: è molto felice, entusiasta; incontro anche il marito e comunico ad entrambi che comunque potrebbe essere un periodo difficile dal punto di vista psicologico.

Tutto sembra procedere bene fino al sesto mese, quando essa inizia a manifestare sintomi di ansia, che hanno il loro culmine allorchè, frequentando un corso di preparazione al parto, si confronta colle altre neo mamme: si sente diversa, non così felice come le sembrano le altre, teme che la nascita di un figlio sia una cosa troppo impegnativa per lei. Compaiono progressivamente tristezza, senso di inferiorità ed inadeguatezza, insonnia, somatizzazioni viscerali.

Le sue condizioni si aggravano colla comparsa di insonnia quasi totale, col peggioramento del tono dell’umore, colla sensazione di “non sentire più la bambina dentro di sé”, con la comparsa di fantasie di eventi drammatici e di idee di morte. Soprattutto la perdita del “rapporto emotivo” colla bambina rappresenta un dato preoccupante (12,13).

A questo punto decido di intervenire farmacologicamente, spiegando alla pz ed al marito i potenziali rischi teratogenetici di una terapia antidepressiva e ottenendone il consenso (10).

Il riesame della letteratura e l’esperienza personale mi orientano verso la scelta di un antidepressivo triciclico, (clorimipramina), farmaco nettamente più studiato in gravidanza e con maggior “evidenza” di non teratogenicità rispetto agli altri antidepressivi. Prescrivo un dosaggio non alto, che arriverà progressivamente a 85 mg die.  (1,7,10).  Prendo quindi contatto col ginecologo della pz per una gestione comune del caso,

Le condizioni della pz non migliorano in modo significativo, vi è solo un lieve miglioramento del sonno e dell’ansia, ma la pz è molto spaventata  all’idea di affrontare il travaglio e il parto; comunque  perlomeno si arresta  l’aggravamento dei sintomi ed il buon rapporto psicoterapeutico, che si intensifica in quel periodo, consente di gestire la situazione in modo rassicurante.

Si pone ora il problema del decalage, fino alla sospensione, della terapia qualche giorno prima della scadenza prevista, in quanto il nascituro potrebbe presentare alla nascita sintomi di astinenza da antidepressivi, come sedazione, sonnolenza, irritabilità, suzione poco valida. (1)

L’inizio del decalage dell’antidepressivo dovrebbe cominciare una settimana prima della data prevista del parto, ma a quindici giorni dal termine si presenta un distacco di placenta, per cui si deve procedere ad un  taglio cesareo.

L’intervento si svolge regolarmente e la bambina non presenta nessun sintomo di astinenza.

Si decide colla pz di optare per l’allattamento artificiale per poter così avere mano libera nell’uso dei farmaci.  Provvederà  regolarmente lei stessa a dare il latte alla bambina colle stesse modalità e ritualità di un allattamento naturale (bambina appoggiata al seno come se poppasse) per garantire comunque un rapporto di contatto  e scambio fisico tra madre e figlia). Già due giorni dopo il parto essa comincia ad assumere un SSRI (antidepressivo serotoninergico, ora preferibile al triciclico) e benzodiazepine: l’insonnia si riduce nel giro di pochi giorni e in tre settimane il tono dell’umore inizia a migliorare notevolmente; al ritorno a casa (in tempi regolari), A. comincia ad occuparsi pienamente della bambina e a ricostruire quel profondo rapporto con lei che era sembrato interrompersi negli ultimi tre mesi di gravidanza. La psicoterapia continuerà poi per parecchi mesi, per aiutare la pz ad affrontare il periodo del post partum, notoriamente delicato dal punto di vista psicologico, soprattutto per garantire la costruzione di un valido rapporto di attaccamento.

 

DISCUSSIONE

La descrizione di questo caso clinico permette di affrontare e discutere alcuni problemi di interesse clinico e pratico.

Innanzitutto i rapporti tra depressione e maternità e la possibilità per donne a rischio di depressione di affrontare una gravidanza:  nella fattispecie un attento esame psichiatrico ed un congruo periodo di osservazione clinica hanno permesso di sciogliere i dubbi, e i divieti, che in un recente passato erano stati posti alla pz.; questo conferma, assieme a molti altri casi in letteratura, buone possibilità per donne con malattia depressiva in anamnesi di affrontare una gravidanza, con un costante ed attento controllo psichiatrico.

E’ sempre necessaria, da parte degli MMG e dei ginecologi, la raccolta di un’accurata anamnesi psicopatologica, laonde evidenziare anche solo un aumentato rischio di depressione in future madri.

Quando la depressione è fortemente sospettata o già in atto, è necessario l’intervento di uno psichiatra-psicoterapeuta esperto che gestisca la situazione  in collaborazione col ginecologo curante e col MMG.

Per quanto riguarda l’aspetto farmacologico, allo stato attuale sono ancora da preferirsi gli antidepressivi triciclici, (a dosaggi molto attenti e con tutte le precauzioni mediche generali che il loro uso richiede); sono però in corso studi sull’uso degli SSRI in gravidanza che sembrano molto promettenti.

Il rischio di sintomi di astinenza da farmaci antidepressivi nel nascituro è sempre da valutare ed affrontare: nel caso in esame, malgrado non sia stato possibile procedere al decalage pre parto, non si è verificato comunque nessun sintomo di astinenza.

Vi è infine la necessità di continuare il rapporto terapeutico (farmaco e psicoterapeutico) nel post partum, per sostenere la neo mamma in un periodo delicato e difficile: moltissime puerpere vanno infatti incontro al “maternity blues” e lo superano bene, ma alcune di esse potrebbero sviluppare (o ripresentare) un grave disturbo psichico, a volte dagli esiti drammatici. (10)

 

BIBLIOGRAFIA.

 

1 AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO : “Farmaci e Gravidanza”, “Guida all’uso dei farmaci” 2005.

2 AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION: “Disturbi dell’umore” pag. 375, DSM IV TR. Masson 2001

3 AMMANNITI, CIMINO, TRENTINI: “Quando le mamme non sono felici” pag. VII e seg. Il Pensiero Scientifico Editore 2007

4 ARIETI S. : “La depressione puerperale”,  La depressione grave e lieve pag. 291 e seg. Feltrinelli 1981.

5 CASSANO GB (a cura di) “Disturbi psichici in gravidanza”, “Psicopatologia legata alle funzioni riproduttive”    Trattato Italiano di Psichiatria.  Masson 2002.

6 FARAVELLI C., RAVALDI C., TRUGLIA E.: Unipolar depression” in Mood Disorders, Wiley 2005

7 GOODMAN & GILMAN:  “ Le basi farmacologiche della terapia”.

McGraw Hill 2003.

8 EY H., BERNARD P., BRISSET C. : “Psicosi gravidiche”. Manuale di Psichiatria,  Masson 1972

9 MENCACCI C., ANNIVERNO R. : “Depressione in gravidanza, depressione post natale, ricerca, prevenzione e strategie di intervento”, in atti Congresso “La psichiatria di genere”, Bormio AOVV.  2005.

10 POLLIO M., POLLIO R.: “Disturbi psichici in gravidanza”, in Disturbi psichici della gravidanza e del puerperio.

11 SCHATZBERG A., NEMEROFF C.  “pag. 223 vol. 2°“ Psicofarmacologia.  Centro Scientifico Editore 2005.

12 SEMI A.A.  “pag 796 e seg.” Trattato di psicoanalisi, Cortina 1989.

13 SCALVINI M. “Quadri clinici in Gravidanza”, Le manifestazioni psichiche nei cicli vitali della donna.  Pacini 2005