LO STALKING IN VALTELLINA

24.06.2013 16:56

“50 sms al giorno per dirti ti amo. 60 messaggi in segreteria per parlarti. Voglio vederti. Mi manchi, prima o poi dovrai incontrarmi Ti aspetto ogni giorno quando esci dal lavoro. Riceverai altre rose, ogni giorno. Ho scritto ti amo sul muro di casa tua. Voglio sapere con chi ti vedi. Non puoi scappare da me. Ti diverti a umiliarmi? Ti ho tagliato le gomme. Mi costringi ad essere cattivo. Se non torni con me mi uccido. E’ questo che vuoi? Ho parlato con tua madre. Sono sotto casa tua". Le parole scorrono sullo schermo mentre una voce le legge a voce bassa, quasi un sussurro con tono martellante e ossessivo, una frase che si spegne sulle parole della successiva.

Inizia così il filmato realizzato e proiettato dal dottor Claudio Marcassoli, psichiatra e criminologo forense, al convegno internazionale di psichiatria che si è tenuto recentemente a Bormio. Proprio sul tema dello stalking si è soffermato nel suo intervento, vista la rilevanza e attualità del fenomeno.

A livello locale - sottolinea lo psichiatra - ci sono tante iniziative, tutte lodevoli, ma ancora non esiste una rete provinciale che garantisca un intervento deciso, in grado di tutelare adeguatamente le vittime di stalking. L’aiuto a queste persone arriva ancora troppo spesso da operatori che non hanno una formazione specifica e adeguata. Tanto che proprio in occasione del convegno in Alta Valle ne ha discusso anche con il procuratore capo Fabio Napoleone.

«Abbiamo parlato della possibilità di istituire innanzitutto un osservatorio che prenda in esame i casi emersi finora per studiare il fenomeno - conferma il dottor Marcassoli - e poi arrivare a un tavolo di lavoro con Prefettura, forze dell’ordine e operatori sociali per attuare misure di prevenzione e repressione più efficaci e dare un supporto adeguato alle vittime di stalking. Difficile però al momento dire quando ci arriveremo».

Di certo però è un obiettivo da perseguire, anche alla luce del numero di casi emersi negli ultimi mesi in provincia.

Con l’aiuto del dottor Marcassoli, che in qualità di perito d’ufficio o di parte si è occupato di perizie per diversi casi di stalking in provincia di Sondrio, abbiamo cercato di tracciare un identikit dello stalker in Valtellina.

Innanzitutto le vittime di stalking sono più donne o uomini?

«Per lo più sono donne. Mi sono occupato a livello giuridico di una dozzina di casi. In undici su dodici ad attuare lo stalking sono stati uomini abbandonati da moglie, fidanzata, compagna. In un solo caso invece la vittima era un professionista: si trattava di un legale, perseguitato da un cliente che era stato condannato e attribuiva all’avvocato la responsabilità della condanna.

Ricordiamo che gli “help professionals”, medici , psichiatri, psicologi, avvocati appunto, sono una della categorie sociali  più a rischio di subire comportamenti di stalking. Però la categoria dei “rifiutati” è senz’altro quella più diffusa in base alla casistica nazionale e a quella provinciale. Ex mariti, ex fidanzati che non accettano la fine della relazione. Spesso all’inizio cercano un riavvicinamento, una conciliazione, un “ultimo colloquio”, poi col passare del tempo, non ottenendolo, arrivano a mettere in atto forme di vendetta. Telefonate, pedinamenti, gomme tagliate. Ci sono vari modi per "braccare" le proprie vittime, dagli appostamenti ai messaggi via internet, dal seguire in auto al frequentare i luoghi dove abitualmente si reca la vittima. La conseguenza è sempre la stessa: per la vittima la vita diventa un inferno, in cui  anche le azioni quotidiane come uscire di casa per andare al lavoro, rispondere al telefono o uscire a cena con un’amica diventano motivo di ansia. All’inizio la situazione è fastidiosa, poi man mano diventa assillante fino a trasformarsi in un incubo. Cellulare e posta elettronica inondati di messaggi d’amore o di minacce, familiari e amici avvicinati dall’ex che vuole conoscere ogni mossa di quella che continua a considerare la sua donna, fino ad arrivare in alcuni casi a vere e proprie forme di violenza fisica. L’età media dello stalker è compresa fra i 30 e i 40 anni, ma conosco anche casi di uomini di oltre 60 anni. Grado di istruzione medio, in alcuni casi si tratta di uomini che hanno subito violenze nell’infanzia, in altri casi hanno problemi di abuso di alcol».

E le vittime? Ci sono donne più esposte di altre?

Tutte le donne sono a rischio, però penso a donne sole con dei figli, psicologicamente fragili, economicamente non indipendenti, che si illudono di potere tenere a bada lo stalker, che subiscono a lungo prima di chiedere aiuto,  che non riescono a troncare di netto la relazione ormai finita,  . Diventano quasi complici per amore dei figli, perché non vogliono che il padre dei propri figli finisca in galera. Oppure si illudono di poterlo convincere. Di riuscire a farlo ragionare senza mettere in mezzo le forze dell’ordine. Purtroppo non è il modo giusto per uscirne. Ma non è neppure facile trovare una rete in grado di sostenere le vittime. Spesso nei paesi può essere più giustificato  chi commette un reato, che la sua vittima. Quante volte sentiamo dire "ma in fondo è un lavoratore, un bravo ragazzo…" e per una donna riesce ancora tutto più difficile».

Quali sono le conseguenze per le vittime?

«In taluni casi si arrivano a subire violenze fisiche vere e proprie, ma anche quando ciò non accade si va comunque “sempre” incontro a situazioni di ansia, depressione, disturbo post-traumatico da stress».

Da quando è stata approvata la legge sullo stalking ci sono anche misure specifiche sia di prevenzione che di repressione, ma esiste in Valtellina una rete un grado di aiutare adeguatamente le vittime di stalking?

«Per quanto ho avuto modo di verificare devo dire di no. Ci sono tante iniziative lodevoli, come una casa di accoglienza per donne vittime di violenze in Bassa Valle o il numero telefonico messo a disposizione dall’Adoc. Certo non basta. Serve una formazione specifica e soprattutto una maggiore collaborazione tra medici di medicina generale, addetti al pronto soccorso, associazioni di volontariato, forze dell’ordine. Mancano una formazione specifica e soprattutto un protocollo specifico da seguire quando ci si trova di fronte una presunta vittima di stalking».

I rischi? Innanzitutto quello che la vittima non sentendosi tutelata a dovere ritiri la denuncia - anche quando magari ha trovato il coraggio di presentarla dopo mesi o anni di molestie subite - ma soprattutto quello che chi commette il reato continui indisturbato nelle sue attività persecutorie.

 

Da “LA PROVINCIA QUOTIDIANO di SONDRIO” DEL 05.06.2010