Nelle ultime settimane, diversi fatti di cronaca, hanno evidenziato una recrudescenza dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo. Il primo è un comportamento aggressivo, intenzionale e ripetuto nel tempo, esercitato da uno o più individui nei confronti di una vittima percepita come vulnerabile o incapace di difendersi. Può assumere forme fisiche, verbali o relazionali, e si basa su uno squilibrio di potere. Il secondo invece, rappresenta una forma di bullismo che avviene attraverso mezzi digitali, come social network, messaggi, e-mail o forum online. Le aggressioni possono includere insulti, minacce, diffusione di contenuti offensivi o denigratori, spesso in modo anonimo. Interris.it, in riguardo a questi fenomeni e alla loro diffusione, ha intervistato il dott. Claudio Marcassoli, psichiatra e psicoterapeuta.

L’intervista
Dottor Marcassoli, cosa ci dicono gli ultimi dati sul fenomeno del bullismo in Italia?
“I dati più recenti delineano un quadro allarmante che richiede la massima attenzione. Secondo i dati dell’Osservatorio sul Bullismo 2025, sei studenti su dieci hanno dichiarato di essere stati vittime di episodi di bullismo o violenza. Le forme più diffuse sono quelle verbali, indicate dal 61% dei ragazzi, seguite da quelle psicologiche (46%) e fisiche (26%). In molti casi, queste forme di violenza si sovrappongono o si accompagnano a comportamenti discriminatori, che colpiscono circa il 22% degli studenti. Preoccupa anche il dato relativo ai testimoni: ben il 76% degli intervistati ha dichiarato di aver assistito ad atti di bullismo o violenza, spesso senza sapere come intervenire. A tutto ciò, si aggiunge il cyberbullismo il quale, attraverso i social molto usati dalle giovani generazioni, colpisce il 19% dei ragazzi.”
Quali sono i segnali che possono indicare che un ragazzo è vittima di bullismo? Come si può intervenire?
“I segnali non sono sempre evidenti, ma ci sono. Il bullismo spesso si manifesta con cambiamenti nel comportamento del ragazzo o della ragazza: isolamento, ritiro sociale, calo del rendimento scolastico, perdita di interesse per attività abituali. Possono comparire disturbi psicosomatici come mal di testa ricorrenti, insonnia o nausea, soprattutto al mattino. A volte emerge un rifiuto persistente di andare a scuola, oppure una paura improvvisa nei confronti di certi luoghi o compagni. Di fronte a questi segnali, è fondamentale non sottovalutare e non banalizzare. Il primo passo è offrire un ascolto attento, senza pressioni né giudizi. È necessario creare un clima di fiducia in cui il ragazzo si senta libero di parlare. Parallelamente, è importante coinvolgere tempestivamente la scuola, documentare gli episodi e, se necessario, attivare un supporto psicologico. I genitori devono essere presenti e disponibili”.

Guardando al futuro, in che modo famiglie e istituzioni possono contribuire alla prevenzione del bullismo?
“La prevenzione deve cominciare fin dai primi anni di vita, attraverso un’educazione fondata sul rispetto reciproco, sull’empatia e sulla gestione non violenta dei conflitti. I genitori e gli insegnanti devono lavorare insieme, in una vera e propria alleanza educativa. La scuola deve diventare un luogo sicuro, dove i ragazzi imparano non solo nozioni, ma anche relazioni sane. L’intervento precoce, soprattutto, è essenziale per evitare conseguenze psicologiche profonde e durature nel tempo”.